Talvolta i ghiacciai sono generosi e rendono i corpi degli alpinisti che hanno conservato per decenni. Ma a differenza del passato, quando raramente era possibile arrivare all’identificazione delle vittime della montagna, oggi la scienza permette di dare delle risposte sicure.
È il caso dei resti umani, che una escursionista di Macugnaga ha scoperto il 9 settembre a circa 2000 metri di quota, sul ghiacciaio del Belvedere. I pochi reperti biologici venuti in superficie con lo scioglimento del ghiaccio, appartengono a Ettore Zapparoli, l’alpinista solitario scomparso il 18 agosto 1951 sulla parete Est del Monte Rosa.
L’ha stabilito l’esame del dna, affidato dai parenti dell’alpinista al laboratorio Genetics di Bologna, specializzato in questo genere di ricerche, che si avvale della consulenza di ex ufficiali dei carabinieri del Ris di Parma.
Viene così confermata l’ipotesi prospettata sin dall’inizio dai carabinieri e dagli esperti di Macugnaga sulla base dei frammenti del vestiario e dell’attrezzatura tecnica rinvenuti con alcune ossa e un dito. Quest’ultimo reperto, che era rimasto meglio ibernato, è risultato fondamentale per la comparazione del Dna.
Il quadro per l’identificazione era stato circoscritto agli anni ’40-’50, periodo in cui quattro alpinisti erano stati ingoiati dai crepacci di quella che, per la sua altezza, viene chiamata la "parete himalayana" delle Alpi. Oltre a Zapparoli, erano scomparsi, nel 1957, i lombardi Angelo Vanelli e Sergio Ferrario, e l’anno seguente, la guida di Macugnaga, Gildo Burgener.
Ettore Zapparoli aveva compiuto importanti scalate solitarie, riscuotendo anche l’ammirazione di Emilio Comici che l’aveva visto arrampicare sulle Dolomiti. Ma alle fortune alpinistiche non aveva fatto riscontro un analogo apprezzamento per il suo talento musicale e letterario. L’opera "Enrosadira", da lui composta, non andò mai in scema a causa del bombardamento della Scala e i suoi romanzi rimasero invenduti. Ebbe però un epitaffio eccezionale. Poco dopo la sua scomparsa, Dino Buzzati ne pubblicò un affettuoso ricordo in un famoso elzeviro sul Corriere della Sera, che è ritenuto un pezzo da antologia della montagna.
A 56 anni dalla morte, la ricerca dei reperti ossei sul ghiacciaio, coordinata dal brigadiere dei carabinieri, Francesco Galeandro, insieme al Soccorso alpino del CAI e alla Guardia di finanza di Macugnaga, ha dato i frutti. Al primo è seguito un secondo ritrovamento: il 1. novembre, durante la tradizionale deposizione dei lumini per i morti che sono ancora prigionieri del Rosa, è stata rinvenuta anche la volta cranica. Nel frattempo, i cugini di Zapparoli, su iniziativa di Marina Scalori di Venezia, hanno acquisito dalla procura della Repubblica di Verbania l’autorizzazione per l’esame comparativo del dna, affidato agli specialisti bolognesi.
"Il nostro desiderio – dice Marina Scalori – è di tumulare i resti di Ettorino nel cimitero di Macugnaga con i genitori Gigi e Anita che avevano voluto essergli vicini".
Teresio Valsesia